Notizie

BENVENUTO, QUESTO E' IL VECCHIO SITO TI INVITIAMO A VISITARE

IL NUOVO SITO DELLA MISERICORDIA (clicca qui)
. Buona navigazione!

MEDUSE! CHE FARE?

A grande richiesta, dopo l’ultimo case-report sulla prevenzione degli incidenti da balneazione e il conseguente nostro articolo, ecco un approfondimento sul problema delle meduse. Con immagini per riconoscerle e distinguere quelle realmente pericolose da quelle addirittura innocue.

1-apre-pelagia-noctiluca-123rf.jpeg

Facciamo qui alcune precisazioni richiesteci a gran voce dopo l’ultimo nostro articolo sugli incidenti tipici del periodo di balneazione, ossia l’attuale stagione estiva.

Benché infatti raccomandiamo ancora di considerare attentamente che l’incidente in assoluto più frequente e pericoloso in estate per bagnanti e nuotatori sia quello di restare travolti da imbarcazioni in transito, è indubbio che la medusa colpisca maggiormente l’immaginario collettivo, forse per la sua natura di minaccia occulta, con cui si rende involontariamente poco visibile finché non è troppo tardi, cioè finché non ci si finisce addosso e se ne subiscono le “punture”, che sono più propriamente lesioni da contatto, in particolare “ustioni chimiche”.

Infatti le meduse sono cosparse di speciali organelli microscopici, detti “nematocisti”, ciascuno dei quali contiene il liquido urticante e una sorta di micro arpione con la base attorcigliata a molla che scatta iniettando il liquido nella vittima in seguito a sollecitazione meccanica, cioè in pratica al contatto (vedi figure allegate).

I tentacoli della medusa, solitamente molto lunghi in rapporto al corpo sebbene quasi invisibili, sono pieni di nematocisti; ma queste possono essere presenti in tutto il corpo della medusa, a seconda della specie.

L’animale se ne serve a scopo predatorio, cioè per stordire piccole prede che si trovino a passare nei paraggi e poterle così ghermire per alimentarsene con tutta calma.

L’avvistamento precoce a distanza della medusa è difficoltoso se condotto da fuori dell’acqua; mentre in acqua è di solito semplice, per noi, purché si guardi con sufficiente nitidezza visiva: quindi il bagnante e il nuotatore dovrebbero sempre prediligere acque limpide e servirsi di occhialini da nuoto o maschera sub con cui osservare spesso i dintorni e anche il primo strato d’acqua subito sotto la superficie davanti a sé in quanto le meduse si spostano sfruttando i moti dell’acqua sia orizzontali sia verticali e possono trovarsi sia in profondità sia in superficie.

Una volta avvistata la medusa, è importante saperla riconoscere e non è affatto difficile: come si vede dall’immagine composta con le quattro meduse più frequenti in Mediterraneo, la Pelagia noctiluca (in basso a destra, nella foto composta; e in più l’abbiamo messa anche in foto d’apertura e nelle ultime tre, prima di quella sullo snorkeling) è la più urticante e lo è in tutti i punti del suo corpo, oltre al fatto di possedere tentacoli sottili e invisibili molto lunghi, anche qualche metro, mentre il corpo visibile dell’animale non supera i 30-35 cm di media, è di colore variabile dal violaceo al rosa scuro al rosso ruggine e una vaga bioluminescenza grazie alla quale diventa affascinante da osservare, specie in penombra, ed è nota anche con il soprannome di “medusa luminosa”.

All’estremo opposto quanto a potere urticante c’è quella in basso a sinistra, Cotylorhiza tubercolata, che infatti è del tutto innocua e può essere toccata in ogni punto del suo corpo senza che ci accada nulla di spiacevole. Secondo molti è anche la più bella da guardare, data la miriade di sfumature di colori diversi che emana e considerata la sua forma a disco volante che l’ha fatta ribattezzare anche “Cassiopea” in omaggio alla celebre galassia di stelle cui si richiama nella forma: insomma un autentico spettacolo vivente!

Rhizostoma pulmo, o “polmone di mare”, quella in alto a destra, è la più grande tra quelle che si possono incontrare con maggior frequenza in Mediterraneo. Ha un potere urticante medio-basso e in parte soggettivo, cioè basato anche sulla sensibilità cutanea individuale della persona. La capacità urticante è inoltre distribuita prevalentemente sotto il cappello, insomma in zona tentacoli, mentre sopra la cupola questa medusa può anche essere toccata senza conseguenze. È di colorazione chiara, talvolta proprio bianca, ma sott’acqua appare anch’essa cangiante di colori in base all’inclinazione della luce solare riflessa dal suo corpo, dotato caratteristicamente di un orlo violetto che circonda tutta la base dell’ombrello e ne accentua i movimenti pulsanti, conferendo all’insieme una grande, evanescente eleganza.

Aurelia aurita, in alto a sinistra, è la più piccola, anch’essa di un candore evanescente e dal potere solo leggermente urticante. Mostra in trasparenza dentro il cappello una sorta di inconfondibile “quadrifoglio” d’un bianco ancor più accentuato. È stata storicamente la più studiata e quella che ha consentito di mettere a fuoco il caratteristico ciclo vitale delle meduse, essendo ben conservabile anche in cattività, in pratica allevabile in speciali vasche cilindriche a circolazione d’acqua forzata in modo da assicurare movimenti idrici stratificati in tutte le direzioni e nella verticale dell’intera colonna liquida.

Come si può quindi facilmente dedurre, l’unica specie – purtroppo diffusissima ovunque – di cui è bene preoccuparsi di evitare assolutamente anche solo lo sfioramento è la prima, la Pelagia noctiluca; le ustioni che provoca infatti, per quanto non siano mai pericolose per la vita, sono assai fastidiose e se estese possono durare a lungo, residuando anche dolori e cicatrici cutanee, oltre a dare – specie in casi di particolare sensibilità soggettiva – anche sintomi generalizzati.

Ma cosa si può fare nell’immediato come rimedio, nel malaugurato caso di contatto con la cute scoperta?

Intanto convincersi che l’intervento più immediato, per quanto “di fortuna”, in questi casi non è affatto trascurabile, anzi: può già risolvere – anche del tutto – il problema! Basta che sia condotto correttamente, il che significa che sapere cosa evitare è più importante del sapere cosa fare.

Bisogna anzitutto dimenticare completamente tutti i “rimedi della nonna” di cui abbiamo sempre sentito vociferare: aceto, ammoniaca – addirittura urina (!) – alcool, vino, olio ecc, non servono a nulla e possono addirittura peggiorare le cose.

Resistere alla tentazione di grattarsi o – peggio ancora – strofinarsi la parte colpita: non faremmo che attivare per sollecitazione meccanica tutte le nematocisti rimaste ancora attaccate alla lesione!

Anche il lavaggio con acqua dolce va evitato assolutamente: è ipo-osmolare rispetto alle nematocisti, quindi vi entra e le rigonfia fino a farle scattare – come nel contatto meccanico – o scoppiare, disseminando ancora di più il loro liquido urticante.

È controindicato pure il tentativo di togliere le nematocisti dei pezzettini di tentacoli gelatinosi rimasti attaccati alla cute con una lama radente, o un cucchiaio o una paletta di plastica come può essere anche una carta di credito: in tutti questi casi sarebbe infatti inevitabile una sorta di sfregamento che contribuirebbe – sempre per stimolazione meccanica – a far scattare le nematocisti rimaste, peggiorando la situazione.

Le sole soluzioni consistono nel lavaggio con acqua di mare: il modo più semplice è quello di immergere la parte colpita in mare e agitarle vicino l’altra mano, in modo da creare turbolenze d’acqua che asportino e disperdano le nematocisti senza toccarle. Ideale sarebbe che l’acqua di mare del lavaggio fosse anche il più possibile preriscaldata – naturalmente non tanto da ustionare a sua volta! – in quanto il calore inattiva la tossina delle nematocisti e ne abbatte subito il potere urticante.

Una precauzione pratica da mettere in atto con facilità è quella di predisporre una bottiglia grande di acqua di mare sotto la sabbia bollente o esposta direttamente al sole, appoggiata su scogli scuri, in modo da averla sempre pronta in temperatura per un lavaggio di fortuna.

Nel caso di dover praticare questa soluzione per rimuovere i caratteristici pezzetti gelatinosi di medusa rimasti attaccati alla pelle, si può anche dapprima cospargere la cute interessata di sabbia calda – senza strofinarcela, solo aspergendola sopra – e poi lavarla via con l’acqua di mare riscaldata: l’impasto con la sabbia farà da “aggrappante” per l’acqua salata che rimuoverà ancor meglio e più delicatamente le nematocisti rimaste senza che si attivino.

Chiaramente stiamo parlando del primissimo soccorso, quello da fare subito sul posto, che, se ben condotto, con tempestività e un pizzico di fortuna, può già portare il problema a soluzione completa o quasi.

Dopodiché sarà sempre buona norma valutare se sia il caso di farsi comunque vedere a un pronto soccorso, o comunque da un medico; e procurarsi di conseguenza medicamenti e farmaci specificamente più idonei.

Dobbiamo infine richiamare una raccomandazione di rispetto per gli habitat naturali: malgrado il fastidio che le meduse possono costituire per noi, loro non mettono alcuna intenzionalità in questo, insomma non sono certo “cattive” con noi…bensì fanno solo ciò per cui la natura le ha progettate. E anzi, se potessero scegliere, farebbero molto volentieri a meno d’incontrarci.

Semmai dovremmo domandarci quale sia il nostro ruolo di umani nella loro massiccia diffusione cui si assiste da qualche anno a questa parte: sapevate che sono molte le specie di pesci che si nutrono di meduse – e, oltre ai pesci, cetacei e tartarughe marine – e che l’abnorme proliferazione di meduse potrebbe essere una conseguenza del depauperamento ittico causato dalla pesca industriale scriteriata e illegale?

Quindi evitiamo quelle scene assurde, grottesche e frutto – nel migliore dei casi – di ignoranza che vedono padri di famiglia scavare buche sulla riva dove seppellire le meduse su cui lasciano che i figlioletti infieriscano con forconi, retini e secchielli, “per ripulire” le acque del sottocosta dalle “terribili” meduse! Non solo non otterrebbero affatto neanche in parte questo risultato – le meduse sono organismi planctonici, portati dalle correnti marine: se sono in un posto significa che, finché la corrente non gira, toglierne dieci, venti…cento sarà del tutto irrilevante sul loro numero globale in quella zona – ma risulterebbero esempi di comportamento estremamente diseducativi.

Dunque, occhialini o maschera da sub indosso (al limite, un mutino leggero come quelli da windsurf o in lycra per proteggervi le parti più esposte) e fatevi un bel bagno a snorkeling, guardando sempre davanti a voi e intorno per tenervi pronti a girare al largo dai soli esemplari di specie pericolosa: tutti gli altri potrete anche guardarli da molto vicino, senza comunque toccarli per non danneggiarli – le meduse sono tutte estremamente delicate – e con la consapevolezza di star guardando organismi presenti sul nostro pianeta, evolutivamente inalterati, da molto, molto prima dei primi dinosauri!

Ultima revisione 19/7/2022

Questo sito utilizza i cookie. Continuando a navigare il sito accetti i termini e le condizioni previste per l'utilizzo dei cookie.

Leggi di più Accetto

Testimoni di Cristo

Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
(Lc 10,34)

INDIRIZZO

Misericordia di Arezzo
Via Garibaldi, 143
52100 AREZZO (Ar)
T: +39 0575 24242