Da una segnalazione letta su “L’Ortica” siamo andati a tentare un riscontro su quale fosse la storia da raccontare dietro quel personaggio che da una panchina saluta ogni passante. Perché la Misericordia di Arezzo non è solo ambulanze o servizi funebri ma anche “volontariato di relazione”.
Jànos è il suo nome e, oltre all’età piuttosto avanzata e alle origini rumene, non ci era noto altro. Ma l’articolo pubblicato su di lui da l’Ortica ieri a questo link https://www.lortica.it/2022/02/10/la-solitudine-degli-invisibili/ ci aveva colpito e già stamani un nostro equipaggio si è recato a cercare d’incontrarlo nella zona dove era stato segnalato.
Nel dirigerci verso il luogo ci siamo chiesti di cosa avrebbe avuto più bisogno, magari se fosse solo o ammalato o indigente…o tutte queste cose messe insieme.
Per appurarlo abbiamo fatto anche in modo che nell’equipaggio ci fosse almeno una persona, un nostro operatore, in grado di parlare la sua lingua. E così è stato.
Jànos era lì, la sua borsa rossa della Coop con dentro la coperta da mettere sulle gambe nei momenti più freddi, sereno, tranquillo e disponibile, anzi ben contento di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno, per di più originario del suo stesso Paese.
Jànos in realtà sta abbastanza bene, compatibilmente con le sue quasi 90 primavere; ha una famiglia con cui vive, sia come abitazione sia come circondario di persone imparentate; non appare né sofferente né affamato.
Non resta che sapere perché stia lì tutto quel tempo e perché saluti tutte le persone che passano, aspettandosi di essere ricambiato in quel saluto.
Ed è in quel momento che ci si scopre sorpresi della cosa più normale del mondo: salutare chi si incontra! Lui invece si stupisce semmai per i molti che non gli rispondono. Allora…chi è più “strano”, lui o noi?
Veniamo da vite accomunate dalla frenesia di seguire, gestire e controllare tutto e tutti; mai un minuto in più di tempo per fare meglio qualsiasi cosa; relazioni composte di fretta e superficialità; siamo talmente stressati e al contempo assuefatti a questa condizione che ci paiono strane le cose che dovremmo considerare normali e che – almeno per qualcuno – possono costituire un rimedio al senso di eccessiva solitudine, o – chissà – un rinforzo alla propria motivazione per voler esistere ancora. “Dopotutto, cosa c’è di meglio che scambiarsi un saluto, un gesto, una parola? E se l’altro è uno sconosciuto, che importa? Anzi, è più bello, ha più valore! Gli altri in fondo non si chiamano ‘nostri simili’?” Jànos sembra pensare tutto questo…e molto altro.
Perciò è sereno e trascorre volentieri il tempo su quella panchina, a fare quel che fa. A soddisfarsi per la risposta ricevuta, per il gesto o la parola ricambiati, per tutti gli sguardi incrociati e i sorrisi restituiti.
E anche noi ci sentiamo ora contenti: sappiamo – e gli abbiamo assicurato – che ogniqualvolta un nostro equipaggio adatto passi di lì, ci sarà il tempo per offrirgli un caffè, un sorriso e una chiacchiera in rumeno.
Ci sentiamo meglio specialmente per esserci occupati di Jànos, aver saputo che i suoi bisogni non sono l’assenza d’un tetto né d’una famiglia e neppure l’impellenza d’introvabili cure…ma “solo” scovare quel senso di compagnia che può annidarsi esclusivamente dentro a una risposta umana.
Siamo contenti di non occuparci soltanto di ambulanze d’emergenza né solamente di trasporti sociali o servizi funebri…ma delle milleuna sfaccettature della solidarietà!
Siamo grati a Jànos perché, nel parlarci di lui, ci ha parlato di noi.
Ultima revisione 11/2/2022
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Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
(Lc 10,34)