«Tre Suore, un Volontario della Misericordia, in un pomeriggio, nel chiostro di un convento…» In questa testimonianza le parole chiave che delineano la profondità di un vicendevole impegno. Il senso stesso del progetto missionario “Hic Sum!” e del suo valore identitario per la Misericordia di Arezzo.
«Lea, Hyacinthe, Alice, tre Sorelle che dal Burundi, un piccolo paese centroafricano appena al disotto dell’equatore, distante 8.963 km da Arezzo, decidono di lasciare la loro Missione per venire in Italia, per passare con noi, la Misericordia, 6 mesi della loro vita.
La loro scelta genera curiosità, fa nascere le domande che solitamente si pongono negli incontri di ogni giorno con persone che ancora non conosciamo in questo caso, chi sono queste tre Sorelle, cosa fanno, perché sono qui, per quale motivo questa scelta.
Il loro racconto su chi sono è semplice, chiaro, appartengono tutte e tre all’ordine delle Suore Bene Mariya. Per definire cosa fanno servono più parole perché fanno cose diverse.
Suor Lea è in questo momento impegnata nel trovare il modo, le risorse, gli strumenti per poter dare tutti i giorni da mangiare ai ricoverati dell’ospedale, dove i pazienti ricevono il cibo solo grazie alla generosità degli altri.
Suor Hyacinthe ha realizzato e dirige un’officina meccanica che ha quale scopo principale quello di formare i giovani più svantaggiati della sua comunità, dare loro una prospettiva, far conoscere loro la dignità del lavoro, emanciparli dalla povertà attraverso la formazione. Ma i posti per accogliere questi giovani sono ben al disotto del numero necessario.
Suor Alice, è una maestra elementare, si occupa di recuperare i bambini, tutti i bambini, soprattutto quelli più poveri e dar loro un’istruzione, di fornirgli le basi per poter migliorare il proprio futuro. La sua più grande difficoltà non è nella fatica dell’insegnamento ma in quella di dover guardare dei bambini che durante la lezione si addormentano perché così denutriti da non avere le energie per rimanere svegli.
Il motivo della loro venuta è quello più difficile da rappresentare attraverso i racconti che mi fanno. Mi fanno capire che il loro Carisma, a prescindere da cosa fanno e da come lo fanno, è l’aiuto verso il prossimo, verso chi ha bisogno, è la capacità di vedere negli occhi di chi soffre lo sguardo di Gesù.
Il loro impegno spazia in un mondo di bisogni infiniti, veri, primari, la salute, l’istruzione, il lavoro e, troppo spesso, il diritto alla vita. Un universo, quello che vivono le Sorelle ogni giorno, che forse non sono nemmeno in grado di realizzare con l’immaginazione, apparentemente infinito su cui riversano ogni risorsa, in cui mettono tutto l’impegno possibile, tutte se stesse.
Conoscerle, parlare con loro della loro vita di quello che fanno tutti i giorni, non può che far nascere l’immagine a tinte forti di un impegno assoluto, che assorbe ogni energia fisica ed emotiva. Si ha l’idea nitida che non rimanga nulla da dare, solo però sino al risveglio del giorno successivo e ricominciare con rinnovato impegno ad ogni sorgere del sole.
E allora come volontario, convintamente impegnato, ma nulla al loro confronto ho posto loro la domanda: “allora perché siete qua, già date tutto?” La risposta è stata semplice ed immensa nello stesso modo: “perché non basta, dobbiamo fare meglio, impegnarci ancora per poter dare di più”. Nel chiostro del monastero dove siamo la conversazione, molto cordiale, serena, come se parlassimo di argomenti leggeri è proseguita con un’altra domanda: “come, visto che il vostro impegno è assoluto?” Ed ancora una risposta che definisce quali sono e le motivazioni di Lea, Hyacinthe e Alice “migliorando noi stesse, diventando più capaci, più competenti”. Questa risposta cambia la prospettiva da cui guardare al bisogno. Il limite non è più fissato solo dall’impari dimensione tra la richiesta di aiuto e la risposta possibile; c’è l’aspettativa di poter colmare almeno in parte il divario, c’è la fiducia, la certezza che potrà essere fatto di più e meglio attraverso le proprie maggiori capacità ed un diverso impegno maggiormente proficuo.
Ancora il Carisma delle Sorelle che non si limita al fare per quello che possono o quello che è nelle loro capacità. Non basta, per loro non basta, è un limite all’aiuto, che può e deve essere superato migliorando se stesse.
Sentirsi e porsi sempre al servizio degli altri, considerare i propri limiti di oggi un ostacolo al poter fare di più, l’impegno per essere ancor più strumento di aiuto, ecco chi sono Suor Lea, Suor Hyacinthe, Suor Alice e la risposta al perché sono qui.
Ma le Sorelle non sono solo venute in Italia, hanno scelto la Misericordia e per chiudere il cerchio della conversazione in tutti i suoi aspetti non poteva mancare un’altra domanda: “perché con noi, perché con la Misericordia?”.
Perché “siete la migliore espressione di membri di una comunità al servizio della propria comunità, un modello di aiuto in cui tutti possono riconoscersi”. Dalla risposta a questa domanda si può comprendere cosa narra la storia della Misericordia, quali sentimenti suscita, come ci vede anche chi non ci conosce e non ci ha mai incontrati prima. Una risposta che non può che rendere grati di poter svolgere un servizio che suscita questi sentimenti in persone che fanno dell’aiuto la loro ragione di vita.
Ma tante sono le associazioni di volontariato che aiutano chi è in difficoltà, chi ha bisogno. E allora nel cercare di definire meglio le ragioni di questa scelta di stare assieme, in un confronto di sentimenti chiaro e comprensibile, pur con alcune
difficoltà linguistiche, sono emerse queste tre parole chiave, prossimità, reciprocità, spazio.
Come possono queste parole mettere in relazione tra loro le suore missionarie e la Misericordia, i suoi Volontari, legare la volontà di aiuto di persone che sono in continenti diversi e lontani, dove la distanza non è solo quella geografica; con il dono di parte del proprio tempo per i Volontari, dall’altra la consacrazione della propria vita per gli altri. Sull’espressione “che Iddio te ne renda merito” in questo sentimento, in questo essere Misericordia, la prossimità, la reciprocità e lo spazio hanno trovato un legame profondo con l’opera missionaria di Suor Lea, Suor Hyacinthe e Suor Alice. Non può esserci aiuto senza prossimità, la reciprocità, intesa come dare e ricevere, non in modo paritetico sennò parleremmo di scambio, si può chiaramente riconoscere nell’opera missionaria e nelle parole della Misericordia; lo spazio, non ci può essere vocazione, missione, opere di Misericordia se ciascuno non fosse disponibile per fare spazio all’altro, a chi ha bisogno di aiuto.»
(In foto di apertura un momento della presentazione alla nostra comunità delle tre Suore presso la chiesa della parrocchia di Badia, alla presenza del Governatore della Misericordia di Arezzo prof. Pier Luigi Rossi, in altra foto interna anche con il nostro Correttore Padre Francesco Bartolucci. Le ulteriori immagini ritraggono vari momenti dei servizi sociali e caritatevoli cui le tre Sorelle Lea, Hyacinthe e Alice stanno attivamente partecipando presso la Misericordia di Arezzo).
Ultima revisione 5/11/2021
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Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
(Lc 10,34)