Andiamo a vedere come funziona la Centrale del Tracciamento di Arezzo. Dove operatori dedicati s’incaricano dell’indagine telefonica per individuare e tracciare i contatti dei positivi alla Covid19, onde interrompere le catene di contagio.
Dai primi di novembre sono entrate in funzione nella nostra regione tre apposite centrali per il tracciamento dei contatti. Esse sono parte fondamentale nella continua battaglia – diventata ormai una guerra di logoramento – che ci oppone al coronavirus Sars-Cov-2 e in particolare della strategia forse più cruciale, quella del “contact-tracing”, che più volte abbiamo spiegato.
Due di queste centrali sono attive rispettivamente su Firenze e Massa, mentre la terza è proprio qui ad Arezzo. Già al 19 novembre i “tracciatori” impiegati complessivamente erano 455 (che in questi giorni dovrebbero essere diventati oltre 500 grazie a ulteriori rinforzi): 238 nella Centrale di Firenze, 85 a Carrara e 132 ad Arezzo.
Gli operatori sono stati reclutati tramite un bando della Protezione Civile tra personale in qualche modo già avvezzo a questioni sanitarie, come giovani neo-laureati o laureandi in medicina e scienze infermieristiche, tecnici sanitari ecc.
Ora siamo in grado, con la testimonianza di una giovane neo-infermiera già soccorritrice presso le ambulanze della nostra Misericordia, di illustrarvi meglio e dal vivo come funziona questo centro così nevralgico.
«-Come è avvenuta la tua "call in action"?
Con una email, mi chiedevano se volessi accettare il posto o meno e avevo una scadenza di sole 15 ore per decidere. Era urgente che avessero persone pronte per iniziare. 48 ore dopo ero già operativa!
-In cosa consiste in estrema sintesi il "tracciamento"?
Il tracciamento consiste nel prendere contatto con la persona che è risultata positiva al tampone e indagare tutti i suoi contatti “stretti” nei due giorni precedenti ai sintomi o al tampone se la persona è asintomatica. Questo sistema permette di isolare tutti i possibili contagi e cercare di dare uno stop al diffondersi del contagio (perlomeno per quel focolaio). Ovviamente la riuscita si basa sull’onestà della persona con cui parliamo
-In quanti siete per turno, più o meno?
Ci sono varie figure che lavorano contemporaneamente nello stesso turno, studenti delle professioni sanitarie alla fine del percorso, infermieri, medici, assistenti sociali, tecnici informatici... All’incirca in un turno gireranno una 60ina di persone
-La tua postazione consiste in?
La mia postazione è composta da un computer portatile, un telefono cellulare e varie schede, una per ogni persona da contattare
-Come si comporta mediamente la gente interpellata al telefono?
Dipende molto da chi c’è all’altro capo del telefono, le persone più anziane tendono ad accusare di più il “colpo”, ma devo ammettere che per il momento nonostante lo shock della notizia sono stati tutti molto collaborativi.
-L'esempio più curioso che ti è capitato finora?
Mah, non parlerei di particolari amenità. Le situazioni sono tutte diverse tra loro ma accomunate comunque da uno stato di necessità, vera o presunta che sia, e come tali cerchiamo di vederle. Talvolta alcune possono mettere a dura prova la tua pazienza perché si nota ancora una certa noncuranza e superficialità da parte delle persone…
-In media quanto tempo richiede la gestione della chiamata a un contatto?
A seconda che per contatto, come accennavo prima, s’intenda una persona positiva oppure i suoi contatti. Noi consideriamo contatti le persone che hanno visto il positivo nelle 48 ore precedenti ai sintomi o al tampone per gli asintomatici. Quindi può capitare che ci sia bisogno di una sola telefonata (o poche di più), oppure anche di parecchie chiamate. Diciamo che per ciascun caso si può andare da un minimo di un quarto d’ora fino anche a molto più di un’ora, se richiede di contattare diverse altre persone.
-Sempre in media, quante ulteriori chiamate richiede un primo contatto? (Oppure quante può richiederne al massimo in generale?)
Anche qui dipende molto dalla situazione e dalla “bravura” durante il primo contatto. Persone con situazioni semplici possono richiedere un solo contatto, altre volte ci sono aspetti da approfondire che richiedono un colloquio con le altre figure con cui collaboriamo che ci costringono a fare anche due o tre chiamate per riuscire a districare una singola situazione.
-Non ci si sente un po' "poliziotti da indagine" a gestire un tracciamento?
Personalmente mi sento più un appoggio, un supporto a persone che stanno vivendo una situazione delicata e dovranno intraprendere un percorso complesso che le terrà lontano dai loro cari, anche nei casi in cui i sintomi sono pochi o nessuno (situazione che a volte rende ancora più difficile il doversi isolare)
-Cosa hai percepito che potrebbe essere migliorato per ottimizzare il servizio?
Spesso è difficile rintracciare le persone, chi sa di essere in attesa di tampone dovrebbe cercare di rendersi e mantenersi reperibile fino a che non vengono contattati e dovrebbero cercare di avvisare i loro contatti che anche loro restino reperibili. Credo che migliorerebbe molto le cose il fatto che le persone possano sentirsi partecipi insieme a noi nel contact-tracing. Una maggior condivisione aumenterebbe il coinvolgimento di ciascuno. Questa vicenda potremo risolverla solo tutti insieme.» (Intervista acquisita da R. Barluzzi a metà novembre 2020).
Sempre al 19 novembre u.s., erano stati censiti complessivamente 4.366 contatti così distribuiti: 1.936 dalle squadre di tracciatori della Centrale di Firenze alla Fortezza da Basso; 1.241 a Carrara e 1.189 ad Arezzo.
Se e quando, prima o dopo, avremo finalmente ragione di questo patogeno, certamente lo dovremo anche a questi speciali operatori.
Ultima revisione 30/11/2020
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Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
(Lc 10,34)