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9 SETTIMANE E MEZZO

Piacerebbe! Ma no, non si tratta d’un remake della celebre pellicola eros. Bensì del periodo continuativo in cui i nuovi contagi da coronavirus sono costantemente in crescita in Italia. E non è un film! Come interpretare una situazione così? Cosa aspettarsi?

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In quasi tutto il resto dell’Europa si parla ormai apertamente da giorni di “seconda ondata” piena. Le zone rosse a chiusura integrale si estendono sempre di più in tutti i principali Paesi nostri vicini. E parliamo di Spagna, Francia, Inghilterra, Germania…non troppo dissimili da noi quanto a potenzialità e modernità del sistema sanitario in rapporto a quello sociale.

Mentre per quanto riguarda il resto del mondo ancora non siamo nemmeno al compimento della prima ondata (tranne forse solo nel caso degli USA).

Rispetto a questa situazione a dir poco preoccupante, qui da noi le cose finora sono andate meglio e continuano a farlo: è pur vero che i nuovi contagi sono in aumento ormai da oltre 9 settimane, appunto; e lo sono stati (seppur in minor misura) anche nei giorni in cui si sono fatti meno tamponi; ma si tratta anche adesso di un tasso d’aumento medio costante, che – tra alti e bassi giornalieri poco significativi – determina una linea in salita però dall’inclinazione stabile, non l’impennata brusca d’una curva esponenziale.

Significa che tutto sommato la situazione viene tenuta a bada, c’è un sostanziale equilibrio tra l’incremento di nuovi contagi e le potenzialità diagnostiche, cioè la capacità d’individuarli, tracciarli e circoscriverli.

E le misure di contenimento del contagio, per quanto imperfette e piene di limiti nell’efficacia reale, la loro influenza la manifestano eccome, di fatto rallentando di parecchio la diffusione del virus: il famoso indice di contagiosità “Rt” si mantiene sopra l’1 dal 16 agosto ma di poco e, sebbene la cosa avvenga più diffusamente in un maggior numero di regioni (per esempio al Sud prima il virus quasi non c’era mentre ora c’è, con casi come la Campania balzati ai primi posti nazionali) in valore assoluto non sale troppo sopra quell’1, non oltrepassa l’1,5.

L’età media va aumentando e ha raggiunto i 45 anni circa, dai meno di 30 sotto i quali era scesa per effetto dei movimenti vacanzieri estivi e i conseguenti rientri. Ora il suo risalire testimonia un contagio di ritorno all’interno dei nuclei familiari, così come nelle scuole e nei posti di lavoro, per cui tornano a essere esposte progressivamente le persone più mature e tra breve lo saranno di nuovo anche le più anziane.

A proposito degli altri indicatori e dei tanti luoghi comuni circolati diffusamente (purtroppo anche a causa di illustri personaggi) secondo cui il virus si sarebbe indebolito “perché si trovavano solo asintomatici”, o perché “casi gravi ce n’erano meno”, o “le rianimazioni erano vuote”, o “i morti erano stabili”… c’è da aggiungere che si trattava – come dicemmo qui in largo anticipo – di attendere gli effetti della matematica: è da inizio pandemia che si sapeva dall’esperienza cinese che su 100 infetti COVID19, circa 80 sono gli asintomatici e circa 20 sono quelli con sintomi; e che di questi 20, almeno 5 sviluppavano la forma più grave, all’interno dei quali c’erano i casi di morte (circa 2 – 3). Allora, cambiando scala, se oggi troviamo non 100 casi ma 1.000 nuovi contagi, domani 1.500, dopodomani 2.000 ecc, è evidente che gli altri indicatori aumenteranno in proporzione! Non a caso, da diverse settimane abbiamo già anche gli aumenti di ricoverati e da circa una decina di giorni le terapie intensive sono tornate a popolarsi, mentre già anche i morti hanno ripreso ad aumentare.

Il virus non è affatto cambiato, tantomeno attenuato: solo manifesta i suoi effetti peggiori in proporzione a quanta carica virale gira sul territorio, ossia a quanti nuovi casi di contagio spuntano qua e là e a quanto precocemente vengono individuati.

I paragoni con la prima parte della prima ondata, tra febbraio e marzo scorso, non reggono affatto, anche perché allora non sapevamo cosa cercare: il primo caso registrato fu il paziente 1 di Codogno il 21 febbraio e fu un caso grave perché allora – e per molto tempo a venire – la ricerca dei nuovi casi consistette quasi esclusivamente nel rilevare quelli gravi! (Infatti si scoprì solo dopo che il virus circolava indisturbato da mesi, anche da noi, almeno dai primi di dicembre 2019…e aveva avuto tutto il tempo per arrivare silenziosamente a una fase esplosiva, mentre oggi semplicemente lo scoviamo prima!).

Soprattutto, oggi sappiamo che le misure di contenimento, basate sull’autoprotezione e la bio-sicurezza, cioè la famosa triade “distanziamento + mascherine + igiene delle mani”, funzionano: solo che era facile metterle in pratica durante il lock-down totale! Completate le riaperture, ci siamo dovuti accorgere di come invece sia più difficile mantenerle, da quando tutti possono circolare ovunque, i locali sono aperti e infine sono arrivate anche le riaperture delle scuole.

Ma restano i soli presidi certamente utili, al punto che appare comunque meglio averne un impiego incompleto a livello sociale piuttosto che non tenerne affatto conto a livello individuale.

Un impiego diffuso, per quanto lacunoso, contribuisce a ritardare il contagio: ed è ancora di TEMPO che abbiamo bisogno.

Tempo soprattutto per un vaccino. Ancor prima, tempo per farmaci sempre più efficaci. Intanto, tempo per migliori potenzialità diagnostiche (come, si spera presto, l’uso allargato dei test antigenici, tipo quelli salivari; e la disponibilità di più tamponi, più laboratori per analisi specifiche più rapide ecc…).

Insomma, il tempo per una convivenza forzata annunciata con il “minuscolo bastardo” che non è certo uscito dalla fantasia di un film e – come sostengono tutte le previsioni più accreditate presso la comunità scientifica internazionale – comprenderà da noi un altro lungo autunno-inverno, dando per altamente improbabile la distribuzione su ampia scala di un vaccino specifico prima della primavera avanzata del 2021.

Mentre si avvicina il periodo tipico dell’influenza di stagione.

È perciò che dobbiamo fare ancora uno sforzo, consapevoli che funzionerà; mettercela proprio tutta per mantenersi tutti individualmente più rigorosi e attenti possibile alle misure del distanziamento, della mascherina e dell’igiene/disinfezione delle mani.

Aggiungiamo noi: spostarsi il meno possibile, tanto più evitare viaggi lontani, a meno di vere e inderogabili necessità. E vaccinarsi contro l’influenza di stagione.

È anche il nostro appello più caloroso: non vanifichiamo i sacrifici fatti! Altrimenti, pur se sono stati tanti, non si riveleranno abbastanza!

Possiamo farlo.

Facciamolo!

NOTA: le schede in immagini riportano dati ministeriali relativi alla settimana di rilevamento dal 7 al 13 settembre. La stesura di questo articolo è odierna, 23 settembre. Bisogna sempre tener presente che ciò che sembra accadere oggi è invece il risultato di ciò che è realmente accaduto tra una e due settimane prima! E che ciò che constatiamo accadere oggi darà i suoi effetti tra una o due settimane. È la realtà che fa i conti con i cicli d’incubazione del virus.

(Romano Barluzzi)

Ultima revisione 24/9/2020

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