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Contagi in salita

Crescono i numeri giornalieri di nuovi contagiati da Sars-Cov-2, ormai su scala nazionale. Quasi nessuna regione ne è esente. Che significa? Intanto, al solito, è ripartita la diatriba fra negazionisti-ottimisti, da un lato, e pessimisti accusati di terrorismo sociale, dall'altro.

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Chi si ricorda l’inizio della pandemia? Ci fu una situazione in qualche modo simile a quella attuale; e ne scrivemmo già qui il 31 gennaio scorso: https://www.misericordiaarezzo.it/flat/page.asp?az=vwp&IdPag=461&IdCat=26 .

Poi ancora, in questo nostro altro articolo del 1° marzo: https://www.misericordiaarezzo.it/flat/page.asp?az=vwp&IdPag=472&IdCat=26 , dove passammo in rassegna proprio il triste fenomeno – molto pericoloso a livello sociale – della cosiddetta “infodemia”, cioè la propagazione incontrollata di fake-news e disinformazione sul virus.

Ebbene, quel clima si sta ripresentando, con i media che fanno a gara per alimentare lo scontro da derby calcistico tra “negazionisti-ottimisti” da un lato e “pessimisti-catastrofisti” dall’altro; e l’informazione pubblica e istituzionale che pare sempre più incapace di conquistare il centro del palcoscenico mediatico.

Nel nostro piccolo, come abbiam fatto fin da prima dell’inizio del periodo più critico, non possiamo che continuare a informare più correttamente possibile il nostro pubblico di affezionati, cercando di aiutarli a capirci qualcosa, senza né ottimismi ingiustificati né pessimismi infondati, bensì raccontando le cose semplicemente come stanno.

Cosa sta accadendo davvero? Ci sono da molti giorni svariati nuovi contagi in più per giornata e ormai un po’ tutte le regioni ne sono interessate. Questo aumento numerico giornaliero si sta mantenendo però lineare e non pare avere ancora imboccato un andamento esponenziale: che, detto in parole ancor più semplici, può tradursi nell’affermare che l’incremento quotidiano è piuttosto costante, non ci sono “impennate” brusche verso l’alto.

Significa che i nuovi “cluster” (focolai di nuovi contagi) vengono individuati prontamente e precocemente, sul territorio; e che le operazioni di sorveglianza attiva e di tracciatura dei contatti, di conseguenza, stanno funzionando. (Ricordate il nostro “la battaglia delle tre T”? Potete rileggerlo qui: https://www.misericordiaarezzo.it/flat/page.asp?az=vwp&IdPag=524&IdCat=26 , era ancora il 21 di maggio!)

Nel contempo, le indagini di siero-prevalenza connesse alla sorveglianza attiva aiutano a individuare le linee di diffusione seguite dal virus e si è visto come nella maggior parte dei casi il motivo degli aumenti di nuovi infetti fosse da ascrivere – com’era del resto logico aspettarsi – ai rientri dall’estero dei vacanzieri, in seguito alla riapertura completa delle frontiere anche dei paesi ancora ad alto rischio.

Sempre contemporaneamente si è registrata una drastica caduta dell’età media dei nuovi contagiati, crollata fin sulla soglia dei 30 anni!

A proposito di quest’ultimo dato, che ha fatto ripartire l’idea che il virus fosse “cambiato”, va detto che non esiste ancora alcun riscontro scientifico tale da dimostrare questo. O, più correttamente, diciamo che non si sono resi ancora misurabili gli effetti correlabili a tali mutazioni, per cui le stesse devono considerarsi ancora o inesistenti o non significative di comportamenti diversi da parte del virus, tantomeno verso una sua attenuazione. Insomma, può non essere affatto “diventato più buono”!

Che dire allora della constatazione che “le rianimazioni siano vuote da pazienti Covid gravi” e che “in terapia intensiva ce ne siano pochi”? Neppure questo può ancora essere considerato un elemento indice di attenuazione della virulenza del patogeno: è assai più verosimile che le ridotte sintomatologie gravi siano solo la diretta conseguenza proprio dal drastico abbassamento dell’età media dei nuovi contagiati.

Ma che succederà, se l’aumento dei nuovi contagi dovesse continuare? Che ne sarà dei contatti di questi giovani “contagiati senza sintomi” ma pur sempre contagiosi, nei loro inevitabili rapporti con le persone più anziane delle famiglie, a scuola o sul lavoro, che magari nel frattempo l’avevano scampata semplicemente continuando le cautele e l’isolamento anche dopo le riaperture?

Ricordate il primo caso italiano, il 21 febbraio scorso, a Codogno? Fu un caso grave e per un bel po’ si continuarono a considerare soltanto i malati di questo tipo. Solo dopo si scoprì ciò che in realtà sarebbe stato già presumibile allora: il virus circolava indisturbato già da almeno i primi di dicembre 2019!

Inoltre, sempre le indagini di siero-prevalenza sulla popolazione hanno evidenziato come almeno il 95-97% della gente qui da noi non sia mai venuta in contatto con il virus e si mantenga perciò suscettibile di contrarre l’infezione. In pratica, nient’affatto immunizzati.

Conclusioni: non soltanto non dobbiamo abbassare la guardia sulla scrupolosa applicazione delle più elementari norme di protezione, propria e altrui, e cioè mascherine, distanziamento e igiene/disinfezione frequente delle mani; occorre anche mantenere ai massimi livelli possibili la sorveglianza attiva sul territorio, che è – in realtà, da sempre! – la vera “prima linea” delle nostre armate difensive!

L’alternativa sarebbe di poterci accorgere del “ritorno del virus” solo dal nuovo aumento dei malati gravi nei reparti degli ospedali (che tra l’altro, ad eccezione ancora solo delle terapie intensive e delle rianimazioni, si sta già verificando…).

Non possiamo, non dobbiamo permettercelo: equivarrebbe a dover ammettere di essere arrivati un’altra volta troppo tardi! E, mentre la prima volta eravamo tutti stati colti troppo alla sprovvista, questa volta non deve andare più in quel modo. Non dopo i tanti sacrifici fatti.

Dobbiamo pertanto tutti mantenerci preparati e pronti, ciascuno nel proprio ruolo, ognuno con la propria consapevolezza e il proprio senso o livello di responsabilità.

E per far ciò non dobbiamo attendere per forza i tempi di una fantomatica “seconda ondata” autunnale, che peraltro dal punto di vista del fondamento scientifico resta essa stessa solo una supposizione: il virus pare possedere la facoltà di stupirci, se è vero com’è vero che dobbiamo proprio in questi giorni già considerare gli aumenti diffusi di cui abbiam parlato e che, se non riuscissimo più a contenerli, rischieremmo di dover fare i conti con conseguenze peggiori molto prima dell’eventuale “seconda ondata” d’autunno!

A proposito, confutiamo anche un altro fuorviante punto di vista che circola (di nuovo) in questi giorni, e cioè che l’incremento giornaliero di nuovi casi dipenda dall’estensione dei tamponi fatti: è vero che in assoluto se ne fanno di più – per fortuna – ma è altrettanto vero che i casi risultano aumentati anche nei giorni in cui i tamponi sono stati di meno! Il che induce a sospettare che il “tanti o pochi” sia questione relativa: resta probabile che ancora non se ne stiano comunque facendo abbastanza (o non siano sufficientemente mirati) per quanto servirebbe davvero!

Nei prossimi articoli vedremo come la Misericordia di Arezzo si sia resa disponibile a collaborare, insieme all’ASL e al fianco delle altre associazioni del volontariato, con importanti iniziative, proprio a questa strategia di indagine attiva per l’individuazione preventiva del virus sul territorio. (Testo: Romano Barluzzi. Foto: “Ginopress”.)

Ultima revisione 24/8/2020

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