Si sono appena compiute le celebrazioni di San Donato, Patrono e Vescovo della nostra amata città di Arezzo. Quest'anno all'insegna delle molte suggestioni per i richiami al recente periodo COVID più critico.
Le celebrazioni si sono aperte giovedì 6 agosto nella cattedrale: alle ore 19:00 i Primi Vespri Pontificali celebrati da monsignor Benvenuto Italo Castellani Arcivescovo Emerito di Lucca.
Poi, alle ore 21:15, c’è stata l’Offerta dei ceri votivi dei Comuni della Diocesi, rituale rivelatosi particolarmente suggestivo quest’anno ai nostri occhi di osservatori privilegiati, perché non si può certo ignorare che faccia un certo effetto – dopo mesi di forzata abitudine all’assenza di cerimonie con persone – vedere tanti Sindaci rappresentanti dei Comuni della Diocesi tutti insieme: una bella e diffusa emozione, sottolineata proprio dall’accensione benedetta di ciascun cero da parte del Vescovo Riccardo Fontana, recato a lui a mano da ognuno dei titolati di fascia tricolore.
Alle ore 23:30 è seguito l’Ufficio delle Letture.
Venerdì 7 agosto, ieri, ancora in cattedrale alle ore 07:00, le Lodi mattutine e Messa, ore 08:00 Messa. Alla Fortezza di Arezzo, alle ore 09:00, la cosiddetta “Ora Terza” presieduta da Monsignor Fabrizio Vantini Vicario Generale.
Nella Pieve di Santa Maria d'Arezzo, alle ore 11:00, s’è tenuta la Messa presieduta da Monsignor Franco Agostinelli Vescovo Emerito di Prato – nonché, ci fa piacere ricordarlo, Correttore spirituale delle Misericordie d’Italia – con l’assistenza di Monsignor Luciano Giovannetti e dell’Arcivescovo Riccardo Fontana.
In cattedrale, sul sagrato, alle ore 19:00, c’è stata invece la Messa Stazionale presieduta dall’Arcivescovo Riccardo Fontana, funzione che per la circostanza ha previsto stavolta l’Ordinazione Diaconale di Fra Rajeev Raju O.C.D. e l’Ammissione agli Ordini di Raffaele Vannini della parrocchia di Santa Teresa.
Anche in questo caso, data la presenza alla celebrazione eucaristica, tra i moltissimi parroci ed esponenti ecclesiastici, anche di rappresentanti di altre confessioni a sottolineare lo spirito d’internazionalità che San Donato esprime – ricordiamo tra gli altri il proto presbitero della chiesa di Costantinopoli padre Octavian Tumuta della Chiesa ortodossa romena di San Giovanni Battista in San Bartolomeo ad Arezzo, padre Oleksander Volodymyrovych archimandita della Chiesa Russa Ortodossa, padre Thomas della chiesa ortodossa indiana e vari laici della chiesa ortodossa ucraina, serba e russa – dall’intera cerimonia è scaturita una profonda suggestione in grado di pervadere ogni presente. Impossibile evitare di pensare a ciò che ancora sta accadendo in tutto il mondo alla nostra intera umanità sotto gli effetti della pandemia!
«Arezzo e San Donato, suo Vescovo, si raccontano fin dall’antichità per due ragioni tutt’ora attuali. Il calice rotto e riparato con le preghiere e la carità del Vescovo e quel participio passato latino del verbo donare che non solo è il nome del secondo Vescovo di questa Chiesa, ma è anche un programma di vita significativo anche ai nostri giorni: Donato, cioè uno che si dona, si impegna ogni giorno per gli altri».
Sono state queste le prime parole con cui nell’omelia della Santa Messa Stazionale il vescovo Riccardo Fontana ha riassunto il significato profondo dei festeggiamenti in onore del Santo Patrono della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
Egli dopotutto ha curato di riferirsi marcatamente ai recenti difficili mesi di emergenza sanitaria, con un pensiero e un’attenzione particolari ai più giovani e ai bambini, proseguendo così: «L’esperienza terribile fatta in questi mesi e che certo non è finita, almeno in alcune parti del mondo, non ci consente di fare parole. A noi cristiani tocca di metterci al servizio, ciascuno con le proprie risorse e i propri doni. Il mio primo pensiero va alla Scuola, non solo all’Istituzione, che pure rispetto e voglio favorire in tutti i modi, ma al favoloso ministero dell’educatore. Dobbiamo riscoprire il fascino di spendere la vita per insegnare agli altri a trovare se stessi. In un mare di parole, c’è una parola, la Parola di Dio, il suo Vangelo, che ci chiede di fare da buoni samaritani, perché sulla via da Gerusalemme a Gerico, ci sono tanti bastonati lungo la strada. Tristemente, ci sono anche i nostri bambini e i nostri giovani che hanno visto sovvertita la struttura educante e trasformata come fu possibile con strumenti telematici. I media ripetono la decisione delle autorità di riaprire la scuola nel rapporto interpersonale e diretto. Mancano anche gli spazi: la nostra Diocesi, sull’esempio di quella di Roma che sta offrendo lo stesso servizio, è disponibile ad accogliere i ragazzi nelle proprie strutture, dove fosse possibile e necessario. È un’occasione provvidenziale per far riscoprire ai giovani la Parrocchia. Ovviamente, occorrerà verificare caso per caso la concreta realizzazione di questa disponibilità di fondo, secondo le leggi italiane vigenti».
Ed è stato un ulteriore crescendo, arrivato a culminare con un richiamo assai deciso alla responsabilità personale di ognuno di noi, per chiedere a tutti, «ciascuno con la propria visione del mondo, con progetti politici spesso non conciliabili, di tornare a sperare. Il messaggio di San Donato è che è possibile agire insieme, senza perdere le identità particolari, ma costruendo insieme. Vorrei riprendere immagini dell’infanzia per aiutare a riprendere l’impegno per la ricostruzione. Non so bene quali siano i giochi preferiti dei bambini di oggi, ma, pur con nomi diversi, credo che ancora le costruzioni affascinino e i puzzle incuriosiscano. Ogni pezzo è diverso dall’altro e se vuoi fare il progetto con le tue mani, ti tocca scegliere la tessera adatta perché ogni elemento stia bene accanto all’altro. Se ne manca uno, c’è il vuoto, si sciupa il disegno. (…) La storia aretina di questi tempi ci chiede di trovare il pezzo giusto, senza scartare nessuno, cercando di avere un progetto che sia apprezzabile per tutti».
Alla fine, l’invito più forte, senza mezzi termini… la “sfida” più autentica: «Amici, occorre ricostruire, non si può stare a guardare. Forse i pagani di San Donato ci sono anche nel nostro tempo. Sono quelli che possono permettersi il lusso di stare a guardare e ridere dei nostri tentativi, ma chi vale e ha un progetto non esclude nessuno. Si fa carico anche di quell’aretino senza fissa dimora, di quel malato provato dalla malattia, di quella famiglia che ha perso qualcuno dei suoi cari senza neppure poterlo salutare.
Riusciranno gli aretini, guardando i piccoli delle nostre case, a sentirsi almeno per un frammento di tempo fratelli? Il bene comune non è legato alle ideologie: non ne prescinde, ma neppure si fa condizionare».
Ultima revisione 8/8/2020
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Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
(Lc 10,34)