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La battaglia delle tre T

Testare, Tracciare, Trattare. Ne sentirete parlare spesso. Sono i pilastri portanti della strategia di sorveglianza attiva anti-coronavirus. E nella nostra regione ci si sta muovendo molto, finalmente. Con le Misericordie in prima linea. Ecco i test rapidi in ambito COOP e Curia Vescovile.

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In questi ultimi giorni si sono moltiplicati in giro gli eventi di somministrazione al personale di svariate categorie dei famosi test sierologici “rapidi”, con la tecnica detta “del pungidito”, a risposta quasi immediata (una manciata di minuti).

Quelli che vi mostriamo nelle immagini si svolgono a chiamata, per categorie, a cura di operatori infermieristici o medici delle Misericordie della Federazione regionale, che li praticano in apposite postazioni o gazebo localizzati preferibilmente all’aperto o in luoghi molto ampi, con l’assistenza in questo caso di volontari della nostra associazione.

Per Arezzo si è trattato ancora di COOP-IPERCOOP – non era la prima volta, avevamo già parlato di almeno altre due – e proprio oggi della Curia Vescovile, quest’ultimi destinati al personale e agli esponenti del mondo clericale. Che dureranno ben due giornate consecutive, quindi anche domani.

Inoltre, va aggiunto un altro appuntamento anche presso i nostri locali, ormai imminente, rivolto a tutti gli operatori della Misericordia di Arezzo: di questo tipo ne sono stati svolti già due, questo quindi è il terzo.

Bisogna ricordare sempre che questi test non hanno alcun valore diagnostico – solo il tampone ce l’ha – ma semplicemente indicativo del fatto che, qualora diano risultato positivo, significano l’avvenuto contatto con il virus nel passato più o meno recente. Mentre, qualora negativi, vogliono dire che non si è mai entrati in contatto con SARS-Cov-2 e quindi si resta suscettibili di infettarsi. Anche se va aggiunto che viceversa la positività testimonia solo l’avvenuta formazione di anticorpi contro il virus ma non può dirci se siamo diventati immuni contro di lui, cioè non equivale affatto ad alcuna “patente d’immunità”.

L’enorme validità di questi test è di tipo epidemiologico: serve cioè per indagare in breve tempo grandi numeri di soggetti (la T di Testare) per individuare precocemente tra loro quelli che potrebbero essere positivi pur senza aver sviluppato alcun sintomo, isolarli (la T di Trattare) e procedere nell’indagine, da un lato fino al tampone (= test molecolare) per accertare se siano infettivi senza saperlo, da un altro risalendo la scala dei loro contatti, e poi dei contatti dei contatti e così via, tracciando il tutto (la T di Tracciare, appunto).

Strategicamente, è la differenza che passa tra aspettare nuovi casi di malattia conclamata – e magari finire per accorgersene quando dovessero malauguratamente intasare di nuovo le terapie intensive – oppure dare la caccia al virus nel territorio, dove circola ancora subdolamente, per scovarlo prima che si diffonda in nuovi focolai.

Se vi ricordate, quando iniziò il lock-down “fermammo il tempo”, in un certo senso: ne avevamo bisogno non solo per tenere bassa la curva dei contagi e quindi dei casi più gravi, ma anche per mettere a punto queste strategie di sorveglianza attiva, senza le quali non si sarebbe mai potuto riaprire in sicurezza.

Ora l’impressione è che, dopo gli immancabili iniziali ritardi, almeno nella nostra regione si stia procedendo davvero al galoppo e l’auspicio è che il campione di persone che si è deciso di indagare sierologicamente sia ben rappresentativo della popolazione, sia numericamente sia per tipologia di categorie preindicate, al fine di assicurare un attendibile rilevamento della sieroprevalenza (significatività del numero di persone in una popolazione con test positivo per una specifica infezione sulla base del siero nel sangue).

Sulla stato dei lavori della terza T, quella della Tracciatura, vi sapremo dire meglio con l’avvento della famosa App “Immuni”… ma vi incuriosirà sapere che è comunque nelle intenzioni dell’Igiene Pubblica del Territorio, a prescindere dalla tecnologia che verrà impiegata.

Un esempio? Sapete il vero motivo del fatto che si debba ora prenotare per andare a cena nei ristoranti che hanno riaperto? Non è solo un fatto di comprensibile contingentamento numerico per i diminuiti posti a sedere, quanto che per prenotare bisogna lasciare al ristorante le proprie generalità: e se entro due settimane qualcuno dei presenti dovesse sviluppare la malattia o essere individuato quale positivo asintomatico e infettivo, sarà stata “tracciata” la sua presenza in quella data in quel locale e sarà possibile risalire meglio ai clienti di quella sera che, senza saperlo, hanno costituito altrettanti suoi contatti. Al netto delle solite, intuibili questioni sulla privacy, anche questo è un ausilio alla terza T di Tracciamento. 

Ultima revisione 21/5/2020

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