I sierologici rapidi - tipo stick - eseguiti nella nostra sede. Altri con postazione assistita, agli operatori Coop-Ipercoop. I successivi già annunciati. Mentre proseguono i tamponi un po' ovunque. Si è giunti finalmente a 'dare la caccia al virus' sul territorio, per scovarlo anche nei senza sintomi?
In verità è da un bel pezzo che se ne parlava. Il titolo stesso di questo articolo è mutuato dall’omonimo, celebre appello lanciato a tutti i Paesi dall’OMS Organizzazione Mondiale della Sanità ormai molte settimane or sono.
Già l’annuncio dei “500mila test-tamponi” fatto pubblicamente dal Governatore della Toscana rimanda al 17 marzo scorso.
E al 1° di aprile, mentre l’OMS – superati a sua volta iniziali ritardi – già da tempo predicava di estendere i test anche ai non sintomatici, contemporaneamente esponenti dell’italica commissione scientifica di consulenti governativi sostenevano ancora che ciò fosse inutile (!) (Confronta le due infografiche allegate tra le immagini – n.d.r.).
Nella realtà quindi è andata a finire che ogni regione s’è mossa come ha voluto (o potuto?), determinando una situazione di sostanziale difformità nell’applicazione, che non ha certo brillato per tempestività, dato che in molte – troppe – zone perfino adesso ci si ritrova a discutere ancora l’opportunità di questa pratica.
Eppure a moltissimi osservatori – che sono diventati sempre di più, fino all’attuale quasi uniformità di vedute in merito – è apparso chiaro già dall’inizio della crisi pandemica che la sua più importante chiave di volta sarebbe stata rappresentata proprio dalla possibilità concreta di indagare i contatti dei malati, e poi i contatti dei contatti, per individuare precocemente i positivi (anche e soprattutto tra gli “asintomatici”, cioè i privi di sintomi) e isolarli, tracciandoli, in modo da circoscrivere sul nascere ogni nuova possibilità di espansione del virus.
È esattamente ciò che ha fatto la differenza in tutti i Paesi del mondo che hanno sposato convintamente questo approccio e che l’hanno fatto per primi; da noi, purtroppo, s’è trattato in un primo tempo solo del Veneto (e meno male, che se non altro è stato seguito a ruota anche da ulteriori regioni…).
Ma stavolta, al netto dei molti annunci che sono sembrati anticipare ripetutamente questa fase e che invece ci hanno accompagnato in un cronico ritardo perfino rispetto alla fatidica semi-riapertura del 4 maggio scorso – l’inizio dell’arcinota “Fase 2” –, giunta senza che fossimo ancora a regime, pare che ci stiamo arrivando davvero.
Di fatto, in questi ultimissimi giorni possiamo testimoniare almeno due eventi ben significativi: il primo è stato la possibilità di farsi il test rapido – quello con la puntura indolore sul dito e la gocciolina di sangue stillata sullo stick graduato, a risposta quasi immediata (una manciata di minuti appena) – messa in atto anche presso la nostra stessa sede e dedicata a tutti gli appartenenti attivi alla Misericordia, in primis i dipendenti, i volontari e i collaboratori in quanto componenti di “categoria esposta”; e il secondo è appena di ieri 7 maggio, consistente nella permanenza d’appoggio per l’intero giorno di un equipaggio con ambulanza che abbiamo messo a disposizione presso la postazione attrezzata, posizionata nel parcheggio della zona Ipercoop – a fianco di Decathlon – per eseguirvi i test rapidi su tutti gli operatori Coop-Ipercoop, con personale medico/infermieristico della Misericordia di Campi Bisenzio (FI), su indicazione e coordinamento regionale.
Per il momento, anche in base a ulteriori punti di rilevamento curati da altri, la percentuale di positivi al test rispetto alla popolazione testata appare modesta – qui nell’aretino ammonterebbe a uno 0,5% – pur se non proprio irrilevante. Mentre altrove è arrivata anche al 5%, cioè dieci volte tanto.
Tutti i test effettuati presso la nostra Misericordia di Arezzo sono risultati negativi.
Ricordiamo infine che questi test non sono diagnostici bensì solo indicativi della presenza di anticorpi anti-coronavirus che l’organismo ha prodotto da sé in risposta all’ingresso del virus: insomma l’eventuale positività significa semplicemente che “si è entrati in contatto con il virus” ma non può dirci altro, se non inserendoci in un percorso di step successivi che culmini con il famoso “tampone” rino-faringeo, il solo a rivestire un significato diagnostico e a indicare se possiamo essere contagiosi.
Ma dal punto di vista epidemiologico invece i test rapidi rappresentano la soluzione di miglior rapporto costo/beneficio per ottenere in poco tempo tanti dati sulla popolazione, aiutando – se applicati in maniera più possibile mirata e ampliata – nell’individuazione di potenziali nuovi focolai, onde isolarli, circoscriverli precocemente e farci comprendere meglio le linee di contagio seguite dal virus.
È proprio come dargli la caccia andando a cercarlo, fiutandone le tracce, anziché attendere che si manifesti lui con i casi di malattia conclamata.
Va da se poi che nessun metodo di test avrà senso se non accompagnato da adeguate capacità di tracciamento di dati e di contatti, inserite in un sistema di rete territoriale (il che all’estero ha comportato perfino l’assunzione di personale dedicato a questo); così come l’ampliamento dei laboratori abilitati alle analisi sui tamponi; e di ciò farà parte integrante anche la famosa App che dovrebbe essere in arrivo (pur se è un’altra cosa di cui s’è fatto fin qui solo un gran parlare).
Speriamo solamente che una tale politica d’indagine – dicesi non a caso “sorveglianza attiva” – sul territorio si affermi appieno prima di qualsiasi ulteriore fase di riapertura!
Ultima revisione 8/5/2020
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Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
(Lc 10,34)