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In hoc signo vinces

Una visita nella basilica di San Francesco, inizialmente organizzata per i giovani soccorritori spagnoli del progetto Erasmus in servizio da noi, s'è rivelata indimenticabile anche per molti nostri soci. Una sola la guida d'eccezione: padre Francesco, il nostro correttore spirituale.

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È stata per tutti un’esperienza che resterà indimenticabile. Visitare la basilica di San Francesco, nota a livello internazionale soprattutto per le grandi bellezze legate al nome unico di Piero della Francesca (la Storia della Vera Croce, il sogno di Costantino ma anche molto, molto altro…), è sempre qualcosa di magnifico.

Ma farlo con una “guida” così, del calibro di padre Francesco Bartolucci – nostro correttore spirituale e parroco della chiesa di Badia – che per la circostanza s’è dedicato completamente a noi visitatori, a porte chiuse, senza altro pubblico e senza limiti di tempo, diventa qualcosa di magico.

Non tanto e non solo perché, date le atmosfere interne tipicamente francescane, la nostra guida speciale “giocava in casa”, quanto perché la sua preparazione e il suo entusiasmo – le caratteristiche essenziali di ogni grande passione – sanno così bene trasmettere da diventare contagiose.

Risultato: il tempo è trascorso in un batter d’occhio, al punto da sembrare troppo poco, mentre la quantità di informazioni emerse e percepite dai presenti – potremmo dire “toccate con mano” per quanto sono sembrate vibranti e palpabili – è stata impressionante.

E pensare che originariamente la visita era stata concepita per offrire un’opportunità di istruzione e intrattenimento in più ai sette giovani soccorritori spagnoli che in questo periodo stanno svolgendo il loro praticantato legato al progetto Erasmus+ presso la nostra associazione.

In un secondo momento, date le richieste e le curiosità che subito affluivano, i nostri organizzatori hanno pensato bene di estendere la possibilità di partecipazione anche a tutti gli altri nostri associati: e così il gruppo – che vedete in foto d’apertura – s’è infoltito alquanto.

Ci risulterebbe impossibile descrivere fedelmente ogni momento della visita e della esposizione svolte da padre Francesco e ci rendiamo conto che anche affidarci alle immagini “rubate” dall’occhio fotografico è riduttivo, perché non ci sono parole adatte per descrivere cosa voglia dire osservare i colori, le tonalità, le sfumature, i dettagli, le luci e le ombre di tutti quegli affreschi.

A chi scrive vien da dire soltanto che la chiave che è sembrata piacere di più a tutti è stata l’interpretazione spirituale offerta da padre Francesco, qualcosa che esula completamente dalla storia e dalla tecnica artistiche, o meglio le racchiude ma al contempo le supera.

Ciò ha significato l’abilità – tanto per fare un solo esempio – di aver saputo illustrare, con parole sempre semplici e adatte a tutti, una miriade di segni e simboli, il loro senso, la profondità del loro messaggio: una visione interiore che nessuna guida turistica, per quanto siano di solito molto brave, può offrire. O, almeno, non a un livello del genere.

E così abbiamo guardato quelle magnifiche opere di oltre cinque secoli fa – che tanto ci stanno a cuore come aretini – con occhi nuovi. Come aver compiuto un incredibile viaggio, nel tempo, nello spazio, nell’animo e nelle emozioni.

«Piero della Francesca fu il primo a distinguersi per l’uso e la padronanza della luce, per averla saputa modulare. E sapete come fece? Con l’impiego dell’ombra!» – osserva per tutti padre Francesco, indicando la veste magnificamente luminosa della Regina di Saba mentre incontra Salomone – per poi aggiungere subito il suo parallelo, ossia che «è come per l’animo umano: l’ombra ha un valore, non va negata. L’oscurità ha il suo proprio valore nel fatto che è grazie a lei se possiamo percepire la luce e apprezzarla appieno!»

Solo una parola: “GRAZIE”, padre Francesco. E alla prossima!    

Ultima revisione 20/2/2020

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