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'Tau'. Chi è costui?

Affascinante e misterioso simbolo paleocristiano rinvenuto già nelle catacombe, arriva fino a noi per la maggior notorietà conferitagli da San Francesco. E oggi diventa un bel regalo natalizio per appartenenti alla Misericordia di Arezzo grazie all'iniziativa di un membro del Magistrato.

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Somiglia a una croce ma, rispetto alla croce classicamente intesa manca del braccio più corto superiore. Quindi richiama di più una lettera, la “T” maiuscola. E l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico è la “Tau”, appunto. Ma procediamo meglio riassumendo, in ordine temporale.

Se ne parla già nell’Antico Testamento, allorché nel libro di Ezechiele è scritto: «Il Signore disse: passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono...» (Ez.9,4). Cioè si tratta del segno che, apposto sulla fronte dei poveri di Israele, li salva dallo sterminio. Con identico significato salvifico è citato anche nell’Apocalisse: «Poi vidi un altro angelo che saliva da oriente e portava il sigillo del Dio vivente, e gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era ordinato di danneggiare la terra e il mare dicendo: “non danneggiate né la terra, né il mare, né piante finché non abbiamo segnato sulle loro fronti i servi del nostro Dio”» (Ap7,2-3).

Alle radici del simbolo del Tau c’è dunque l’ideale di un’aspettativa di “redenzione”. In quanto ultima lettera dell’alfabeto ebraico, di per sé era profezia stessa dell’epilogo, dell’ultimo giorno; trasmetteva lo stesso significato della lettera Omega per i greci, come ancora dall’Apocalisse: «Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente dal fonte dell’acqua della vita (...). Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine» (Ap.21,6; 22,13).

Ma ai primi cristiani, che non a caso l’adottarono prestissimo, ricordava molto da vicino anche il simbolo della croce, sulla quale Cristo si sacrificò per salvare il mondo. Il Cristo “Redentore”, appunto.

Del segno del Tau si trovano infatti raffigurazioni già nelle catacombe a Roma. Per gli antichi romani, sia i primi cristiani sia i pagani a loro contemporanei, la croce era significativa di esecuzione capitale mediante il martirio della crocifissione. Più precisamente, si trattava proprio di questo tipo di croce, a T, in quanto la forma di croce più comunemente usata all’epoca per crocifiggere.

E nelle catacombe si ritrova traccia proprio del Tau nella sua versione originaria, che recava incisa la sagoma stilizzata di un pesce, composto da due semiarchi speculari e parzialmente intrecciati dalla stessa parte, a formare l’abbozzo della coda del pesce. Questo riporto grafico si chiamava Ichthys, cioè “pesce”, appunto: una parola latina – e prima greca – che però a sua volta era anche l’acronimo di “Iesous Christos, Theou Yios, Soter”, ovvero “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore”.

Il Tau attraversa i secoli e sopravvive al tempo fino all’epoca di San Francesco d’Assisi, da cui viene definitivamente adottato – e come rivitalizzato – per sottolineare la consacrazione del proprio operato al Signore nel segno dell’amore per il crocifisso. Egli pare come voler contraddistinguere ogni proprio gesto, pensiero, meditazione, parola o scritto con il segno del Tau, facendone un personale sigillo di devozione alla croce. Al punto che il Tau diventa il simbolo per eccellenza dell’intero francescanesimo, quale richiamo ai principi fondanti della beatitudine della povertà, dell’anelito alla carità, della profonda convinzione della salvezza che solo nella croce è possibile incontrare. Per il francescano, il Tau tipico è fatto rigorosamente in legno d’ulivo, materiale (allora) assai povero, ma anche resistente e ben lavorabile; materiale sempre “vivo”. Quindi per tutti, anche per i più poveri, per gli ultimi; consistente attraverso l’adattabilità; per di più in maniera duratura. Inoltre l’ulivo è simbolo di pace; lo stesso San Francesco diceva: “Signore fa di me uno strumento della tua pace…”. La simbologia di valori continua.

Perciò il Tau non può mai essere considerato solo un ciondolo, o un portafortuna alla stregua di qualsiasi amuleto. Ricevere e portare il Tau significa aver accolto in sé la proposta di Dio di salvarci attraverso la croce, dunque assumere a nostra volta il ruolo di portatori di pace. Le stesse benedizioni che San Francesco impartiva con il Tau – ottenendo molte grazie – possono tradursi oggi nel nostro “benedire”, cioè etimologicamente “dire bene”, desiderare il bene di qualcuno. Del nostro prossimo.

La storia del Tau si ritrova intrecciata anche con quella – meno religiosa e diremmo oggi più “laica”, a un certo punto perfino militaresca – dei Cavalieri del Tau. Nati infatti come Ordine di Ospitalieri poco prima dell’anno 1080 per volere di un gruppo iniziale di dodici nobili ricchi e benefattori della zona di Lucca, fecero base nell’attuale Altopascio (provincia di Lucca). Sulla linea originaria della Regola di Sant’Agostino, furono frati dediti all’esercizio di un particolare spirito filantropico organizzato, in favore di pellegrini e viandanti. S’incaricarono del mantenimento della Via Francigena – o via Romea, come si chiamava lì, le cui ramificazioni si raccoglievano proprio da quelle parti – non solo con opere di viabilità ma perfino costruendo con gran maestria ponti fluviali per l’attraversamento dei principali corsi d’acqua e navigli per navigarli con tanto di trasporti; e nel 1084 – pare per volere della ricca possidente Grancontessa Matilde di Canossa – fu fondato formalmente anche l’Ospitale.

Presso il quale – come riportato dalla studiosa Elena Pierotti (2016) – «La Regola dei Cavalieri del Tau impartiva disposizioni sull’alloggio dei viandanti, a seconda del censo, della malattia, delle esigenze di ciascuno; sul nutrimento degli ospiti e sulle loro cure. A testimonianza di ciò la Regola disponeva della presenza fissa di quattro medici e due chirurghi laici (la chirurgia era infatti vietata ai religiosi) ben preparati. Dovevano saper affrontare le malattie dell’epoca, ossia il vaiolo, il tifo, il colera e le principali patologie di chi andava per boschi, cioè ferite, piaghe, fratture. Gli Ospitalieri si dividevano in frati Sacerdoti, generalmente tre nella casa Madre, i Serventi e i Pappini, laici con compiti ben definiti. C’erano poi le Suore, donne con funzioni di infermiere.»

Le fortune anche economiche e patrimoniali dei frati Ospitalieri del Tau, fattesi cospicue, ne sorressero l’espansione in tutta Europa, specie con le cosiddette «obedientie» (ovvero le “case ospitaliere”).

I Cavalieri del Tau indossavano una veste nera con cucita sopra una Tau bianca, o “croce Taumata”, simbolo di purezza e luminosità; la parte lunga della T terminava a punta, come un punteruolo o una croce acuminata – o una spada? – infissa nella roccia; e in ciò pare risiedesse una caratteristica rimasta unica, diversa da tutte le altre Tau.

Il Tau compare anche in luoghi di pellegrinaggio come Santiago di Compostella, quale simbolo dei “taumaturghi” (e “taumaturgico”, sebbene forma attualmente desueta, è parola ancor oggi sinonimo di “curativo, salvifico, in grado di guarire”…); e anche alcune raffigurazioni dei cavalieri Ospitalieri di San Giacomo (o San Jacopo) di Altopascio ritraggono insieme alla Tau le “conchiglie di San Giacomo” tipiche ancora dell’odierno cammino di Santiago di Compostela.

Sono assai probabili, sebbene non meglio documentati, collegamenti dei cavalieri del Tau – di fatto 1° ordine religioso equestre a livello europeo – con gli altri ordini cavallereschi, compresi i Templari; nonché la loro partecipazione, quali “monaci combattenti”, alle Crociate; ed è certo che, all’atto del loro definitivo scioglimento come ordine, i Cavalieri del Tau furono fatti confluire nell’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano per mano di Cosimo I de’ Medici. Correva l’anno 1587, addì 20 febbraio. Erano esistiti per cinque secoli.

Chiediamo a questo punto al nostro correttore spirituale Padre Francesco Bartolucci: “quale può ritenersi, oggi, un senso del simbolo del Tau che lo leghi alla nostra attualità?”

«Quello che si può dedurre alla fine dell’excursus storico circa il tau è che in ogni caso e in ogni realtà in cui è stato adottato mi sembra traduca tra le altre cose un profondo senso di “APPARTENENZA”. Ecco la chiave che unisce i molteplici usi spirituali e storici è che questo segno ha riunito in se la volontà di uomini e di donne che si sono lasciati coinvolgere dal suo significato simbolico e hanno sviluppato la scelta di appartenere al significato a cui il Tau rimanda. Ecco mi sembra di poter dire che il Tau nel corso del tempo ha coniugato un senso di appartenenza a un valore e direi soprattutto a una persona, Gesù, che oggi soprattutto come Arciconfraternita dovremo recuperare. Offrirlo come dono in questo Natale può significare, dovrà significare la comune fraterna scelta di ritornare ad appartenere e appartenersi reciprocamente all’unico “Valore” che tutti ci accomuna. Recuperare questo senso di appartenenza ci renderà ancora più testimoni significativi della Misericordia di Dio.»

Il Tau dunque, in qualsiasi modo si preferisca considerarlo, è senz’altro per noi della Misericordia assimilabile a un simbolo fortemente identitario e distintivo, nel cui significato viene spontaneo riconoscersi in pieno, date le profonde affinità nei valori rievocati: perciò è bello che a un componente dell’attuale Magistrato sia venuto in mente di offrirlo in dono natalizio ai nostri appartenenti, sotto forma di un portachiavi facilmente trasformabile anche in ciondolo da portare al collo, con inciso da un lato il logo della nostra Misericordia e dall’altro la scritta per esteso “Misericordia Arezzo”.

Quel richiamato e atteso rinnovamento del nostro senso di appartenenza non avrebbe potuto esserne aiutato meglio e ci auguriamo che anche questo post porti il proprio contributo in tal senso...se vi sarà piaciuto di leggere fin qui.

Di questo Tau – che vedete in foto d’apertura – è prevista la consegna nel corso della cena degli Auguri di domani sera (sabato 21 dicembre), dalle ore 20:30 in poi, presso la nostra sede. (Romano Barluzzi)

Ultima revisione 20/12/2019

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