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Impressioni di settembre da Betlemme

Nello scorso mese c'è stata la 'spedizione' più numerosa di nostri confratelli presso la sede della Misericordia di Terrasanta a Betlemme. Le loro impressioni dell'indimenticabile esperienza. Mentre già avrebbero voluto tornarci.

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Come preannunciato, dal 9 al 16 settembre s’è svolto il turno di permanenza presso la sede della Misericordia di Betlemme da parte della nostra più numerosa delegazione ad essersi mai recata tutta assieme in quel luogo che a questo punto, complessivamente, come aretini ci ha visto di certo tra i più assidui frequentatori.

Stavolta s’è trattato di ben 5 (cinque) persone contemporaneamente: Loredana Vecchione, Adinolfo Lucchesi, Fabio Checcacci, Domenico Baldini e Sergio Bianchini, quest’ultimo ormai “veterano” delle nostre trasferte in quei luoghi, il solo del gruppo ad essercisi recato già diverse volte. Mentre gli altri quattro sono stati dei novizi di questa esperienza davvero più unica che rara.

Ma andiamo con ordine, cominciando col rammentare che la loro partenza era stata preceduta da una sorta di “investitura”, quando alla santa Messa dell’ultima domenica che precedeva il viaggio avevano ricevuto la benedizione del nostro Correttore Don Vezio Soldani, alla presenza di diversi altri confratelli, tra cui anche componenti del Magistrato e lo stesso Governatore Antonio Bilotta nonché il Provveditore Silvano Biondini, come si può vedere dalla foto d’apertura e dalla prima immagine del servizio, realizzate nell’occasione da Fabio Lazzerini.

Le altre immagini sono tutti momenti della loro permanenza e del loro operato durante la settimana trascorsa a Betlemme: e per buona parte parlano da sole, anche riguardo a questi luoghi tanto cari alla cristianità, data la storia e le suggestioni di cui sono intrisi ad ogni passo.

Alternatisi nell’assistenza ai due istituti che si occupano rispettivamente di bambini orfani e disagiati e di anziani soli – mentre il programma non ha previsto stavolta per loro l’operatività presso il terzo istituto, quello degli ospiti psichiatrici – i nostri “eroi” si sono impegnati a fondo nel donare il proprio apporto umano e materiale alle tante situazioni di bisogno con cui si sono confrontati.

Un compito da loro stessi raccontato a caldo appena rientrati come estremamente impegnativo, talvolta effettivamente faticoso ma sempre di intensa gratificazione.

Dopotutto le espressioni di serenità e di appagamento dipinte sui loro volti sono evidenti nella stessa ultima foto, fatta all’aeroporto di Roma appena sbarcati dal volo che li ha riportati nel nostro Paese.

«Compiere una tale esperienza di volontariato – a loro stesso dire – è qualcosa che ti riconcilia con il mondo, con gli altri, con la vita stessa».

Sono così tante le espressioni di soddisfazione che esternano che è difficile se non impossibile riferirle tutte. Un fiume in piena di parole, gesti, aneddoti. “Tu chiamale, se vuoi, emozioni!”, diceva una celeberrima canzone di Lucio Battisti. Come solo le esperienze vissute di persona, sul campo, sulla propria pelle, possono suscitare. E la condivisione fa il resto.

«Il volontariato, ovunque lo fai, regala sempre di queste sensazioni, che compongono, alimentano e rinforzano un sentimento profondo di solidarietà: perché fa piacere occuparsi degli altri, aiutare il tuo prossimo, specialmente quello in condizioni di inferiorità, di bisogno, di disagio. E ogni volta, in ogni posto, con ogni tipo di persona è diverso e a suo modo unico. In questo caso se ne avverte una speciale particolarità, difficile da descrivere, forse legata alla radicale diversità dei luoghi rispetto ai nostri, oltretutto così ricolmi di storia… e che storia!», sostengono in sintesi molte delle parole dei nostri cinque, sovrapposte a un po’ di occhi lucidi.

Di certo c’è che il loro rimpiangere i momenti appena vissuti è palpabile. E ascoltarli esclamare che “ripartirebbero anche subito”, che “una settimana è troppo poca”, che “ci torneranno senz’altro appena possibile”, che “non puoi cogliere quella realtà finché non ti ci trovi fisicamente”, emana uno stato d’animo a dir poco contagioso.

«Perché – come aggiungono concludendo – i bisogni più estremi rendono gli esseri umani simili, a qualsiasi latitudine. E aiutarli è bello, ovunque e comunque! Laggiù ogni cosa te lo ricorda. E dopo torni più carico anche per il volontariato che ti aspetta qui da noi. Lo guardi con occhi nuovi».      

Ultima revisione 5/10/2019

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