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Il bagno con i cavalloni & altre storie

Cos'è 'un'estate sicura al mare'? Poche, semplici ma essenziali raccomandazioni per divertirsi in tutte le acque da balneazione senza mai farsi male. Un problema di approccio comportamentale. E anche parlarne è 'protezione civile'. (1^ PARTE)

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Con il pieno ingresso nella stagione estiva, altrimenti anche detta non a caso “balneare”, diventa tipica e diffusissima l’esposizione ai rischi scaturenti da un errato approccio all’acqua, sia essa quella di mare che quella di laghi, fiumi e piscine. Rischi pertanto comportamentali, cioè legati al fattore umano (il famoso “human factor” caro ai contesti tecnici, aeronautici ecc). Dunque una maggior conoscenza di alcuni semplicissimi presupposti di sicurezza può evitare problemi di incolumità personale a tantissime persone.

Cominceremo oggi con uno dei campi di argomenti sotto cui si racchiudono la stragrande maggioranza dei rischi: l’ingresso in acqua nei casi in cui questo appaia “complicato”, e cioè non così tranquillo come la discesa di una scaletta o lo scivolamento soffice da un materassino o la camminata verso il largo da un tranquillo litorale di sabbia.

Fare il bagno con i cavalloni

Inutile negarlo: per quanto sia vero che con onde alte che rompono in creste di schiuma – i cosiddetti “cavalloni” – venga di solito issata la bandiera rossa di eccessiva pericolosità dell’ingresso in acqua, proprio per questa sorta di sfida del rischio e del proibito altrettanto si trovano manipoli di bagnanti che s’improvvisano delfini e amano questi momenti proprio per i giochi di destrezza che si possono fare nelle onde. Ma attenzione, bisogna almeno essere preparati, che significa non essere campioni di surf ma semplicemente sapere e applicare alcuni accorgimenti anti-guaio.

-Tuffarsi sempre e soltanto contro l’onda, mai a favore: in quest’ultimo caso la scivolata che ne consegue – con il corpo che fa da tavola da surf – è molto pericolosa per la schiena. Le onde infatti rompono dove il fondale è basso, così la “surfata” può comportare di venir caricati dall’onda alle spalle e sbattuti a impuntarsi sul fondo, o ruzzolati con violenza tra questo e il cavo del frangente. Premesso di prendere dunque sempre l’onda “di prua”, come del resto fanno le barche, il tuffo va eseguito o dentro il cavo dell’onda, facendo attenzione a estendere bene le braccia di fronte alla testa con le mani raccolte a pugno perché facciano da fendi-acque e reggano l’impatto; oppure saltando sopra la cresta, come a voler cercare di superarla senza toccarla. Cosa, quest’ultima, che richiede più destrezza e l’accorgimento di tenere sempre le mani avanti quando si ricade nel cavo che segue l’onda saltata e precede la successiva perché in quel punto la profondità dell’acqua si sarà ridotta di parecchio, facendoci altrimenti correre il rischio di una musata o comunque una strusciata del torace sul fondo…il quale, anche se di sabbia, può rendere molto spiacevole il ricordo di un momento così!

Tuffarsi dagli scogli

Non farlo mai da altezze eccessive e in nessun caso né da alcuna altezza se non si vede chiaramente il fondale in cui ci si va a tuffare (che ovviamente deve essere abbastanza profondo da non arrivare a sbatterci).

In generale, si dovrebbe comunque evitare di tuffarsi – specie se di testa – da altezze superiori alla propria statura: altrimenti il controllo della posizione del corpo nel salto diventa arduo e, se non si è esperti, si rischiano ingressi in acqua quantomeno scomposti; il che costituisce il miglior preludio a un trauma in grado di rivelarsi anche grave (vedasi i rischi per la colonna vertebrale, specie nei tratti cervicale e lombare).

Nel caso il mare sia mosso, allontanarsi subito dagli scogli e mantenersene a debita distanza. Ciò implica anche la consapevolezza di quanto sia indispensabile valutare il punto d’uscita dal mare, prima di entrarvi: perché in caso di acque agitate, pur essendo stato possibile entrare, potrebbe rivelarsi impossibile uscire (o perlomeno non dallo stesso punto di ingresso).

Tuffarsi da imbarcazioni

Fare il bagno al largo è una delle circostanze più frequenti cui ci si possa trovare esposti durante le vacanze al mare.

Ed è un classico palcoscenico per quei fenomeni che pretendono di tuffarsi dalle strutture più alte raggiungibili a bordo! Oltre alla ripetuta cautela di stimare bene la profondità del punto d’ingresso in acqua – considerando che durante la nostra messa in posizione la barca si sposta e perfino se è ancorata può “ruotare” sull’ancora e finire inavvertitamente su un fondale più basso di quanto avevamo previsto magari poco prima – bisogna porre speciale attenzione al punto da cui si spicca il salto. La maggior parte degli infortuni di questi tuffi, infatti, non avviene per l’acqua bensì … nella barca stessa: piedi che scivolano, slanci insufficienti, incespicature a bordo, aggrovigliamenti su cime, movimenti anomali e repentini dovuti alla nostra stessa spinta del tuffo ecc sono solo alcuni dei fenomeni cui si va incontro. Occorre sempre estrema attenzione, specie considerando che anche la semplice storta a una caviglia può diventare drammatica, perché siamo distanti dalla costa e tutti i tempi e le modalità di un soccorso altrimenti anche banale diventano altrettanti fattori di complicazione!    

Entrare fuori dalle correnti di risacca (= rip-current)

Nei tratti di arenile, se c’è mare con onde formate che s’infrangono, oltre ai cavalloni si creano correnti di risacca sott’acqua (= rip-current) dirette verso il largo: entrare in mare in questi punti è pericoloso. Ma si possono individuare, basta un minimo di occhio allenato: perché i flussi di risacca scavano il fondale che, essendo in quei tratti più profondo, non permette la formazione delle onde con cresta. In pratica, guardando il mare dalla costa, i punti di risacca con correnti che tirano verso il largo si riconoscono perché hanno l’apparenza di acque calme, senza cavalloni (vedi in foto il tratto indicato dalle frecce rosse e in altra immagine quello con il tracciante verde immesso in acqua a riva per vedere dove finisse trascinato dalla corrente). Così, paradossalmente, si può dire che sia più sicuro fare il bagno dove le onde frangono con la schiuma piuttosto che dove non ce ne sono affatto! In ogni caso, se capitasse di restare presi da una corrente di risacca, niente paura: ricordiamoci solo che basta nuotare verso i lati (andare controcorrente è impossibile e sbagliato) e se ne uscirà presto in diagonale alla costa. Inoltre, se ci si lascia trasportare verso il largo galleggiando tranquilli, dopo poco la corrente di risacca si smorza e ci permette di rientrare a terra da un’altra parte.

I bambini e l’acqua

In vista della prossima puntata, un’ultima raccomandazione – ma non certo ultima come importanza, anzi – è quella relativa ai bambini: ricordate che dove c’è acqua, c’è un potentissimo e subdolo richiamo per i più piccoli! Che non hanno quasi mai, specie se fino ai sei-otto anni d’età, gli strumenti psicomotori né per salvaguardarsi da una caduta accidentale in acqua né tantomeno per una giusta stima preventiva dei rischi del luogo. Neppure se glieli spiegate! In pratica, ogni punto d’acqua per loro è prevalentemente fonte di attrazione e curiosità. La sola regola perciò è di non abbandonarli mai da soli, senza una visione diretta di ciò che stanno facendo, in acqua o in sua prossimità. Se volete essere discreti, in modo da osservare il bimbo senza che lui si senta troppo “il fiato sul collo”, fatelo: è giusto che sperimenti le proprie esperienze, anche con l’acqua. Ma curate di esservi mantenuti abbastanza vicini da intervenire in tempo e non volgete lo sguardo altrove mai e poi mai, neppure per un istante! Quell’attimo potrebbe essere quello fatale. Nei primi 5 anni di età l’annegamento è in testa alle cause di morte accidentale. È cruda, detta così, ma è la realtà: e dovrebbe dirla lunga a tutte le figure adulte di riferimento, genitori, nonni, parenti, insegnanti, istruttori e istitutori vari.

Piuttosto, il rapporto del bimbo con l’acqua va gestito e sfruttato in positivo, perché ha un enorme valore educativo: dunque serve fargli sperimentare in maniera guidata un corretto approccio con l’elemento liquido, che gli dia progressivamente sicurezza e tranquillità, senza fargli venire paure e tensioni, o sciogliendole se ne ha. E non si ottiene un risultato così sgridandolo perché non fa quel che gli diciamo, bensì accompagnandolo con la propria presenza e il proprio esempio. Come in molte altre cose della vita, l’acqua insegna ai grandi prima che ai piccoli.

Leonardo Da Vinci, che di acque se ne intendeva, scrisse: “Se ti avviene di trattar con l’acqua, pria l’esperienza, poi la ragion delle cose!”    

Ultima revisione 11/7/2019

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