Un'altra missione nella sede della Misericordia di Terrasanta, a Betlemme, stavolta per due componenti della Valigia dei Sorrisi, il gruppo di clown dottori della Misericordia di Arezzo. E così la dr.ssa Flipper e la dr.ssa Sbarbina rispondono alla nostra curiosità. Alla luce d'un sorriso.
Abbiamo rivolto le stesse 8 (otto) domande – tra cui quelle che probabilmente tutti avrebbero voluto porre loro – ma separatamente, modello “Le Iene”, sia alla dr.ssa Flipper, al secolo Chiara Vultaggio, sia alla dr.ssa Sbarbina, al secolo Federica Goti. Due esperte del sorriso, addestrate a portarne sempre uno proprio là dove meno ci si aspetta di trovarlo, cioè tra i bambini ammalati anche gravemente negli ospedali. Ed ecco nelle rispettive “risposte a confronto” come hanno soddisfatto la nostra curiosità.
Risponde la dottoressa Flipper
1-cosa e/o chi ti ha spinto a voler fare questa esperienza?
«La curiosità nel fare questa esperienza è nata dal racconto di altri volontari che sono come me clown dottori e che sono andati là a svolgere servizio. Poi anche dal fatto di mettermi in gioco come clown dottore.»
2-qual è stato il frangente di maggior impatto emotivo una volta arrivata sul posto?
«L’impatto più forte ce l’ho avuto appena arrivata dai bimbi.
In una frazione di secondo quando li ho visti tutti lì mi son detta: “e adesso che faccio?”
Poi il Volontario che è stato con noi per tutta la settimana ci ha detto: “ragazze, appena saremo dai bimbi non dovete far niente…saranno loro a venire da voi”. Aveva ragione...da me è venuto un bimbo down, mi ha preso le mani e abbiamo cominciato a ballare…da li è stato tutto in discesa.»
3-ci puoi descrivere una giornata-tipo tra quelle più operative?
«La mattina eravamo in servizio all’Antonianum, residenza per anziani, mentre il pomeriggio andavamo all’Istituto Hogar, bambini disabili.
Dagli anziani abbiamo riso, scherzato, ballato…con loro era molto più semplice rispetto ai bimbi. Alla fine dovevamo tener loro compagnia...all’ora di pranzo li aiutavamo a mangiare poi il turno per noi era terminato. Ancora sorrido quando ripenso a loro…
A Hogar andavamo il pomeriggio…è il primo servizio che abbiamo fatto. E, se devo essere sincera, un po’ d’ansia iniziale l’ho avvertita ma poi è venuto tutto spontaneo. Certo i bimbi per la maggior parte sono disabili, down…ma intorno a loro hanno del personale meraviglioso come le Suore e l’infermiere che è sempre con loro.»
4-l'episodio che ti ha coinvolto maggiormente?
«Ricordo ancora il secondo giorno all’Antonianum. Siamo arrivati come sempre e mi sono avvicinata ad un bimbo…gli parlavo ma lui mi guardava e non capivo perché non interagiva. Dopo pochi minuti mi è stato detto che era sordo muto. Da lì non mi sono più staccata da lui...giocavamo insieme, avevamo il nostro saluto e lì ho capito che basta poco per interagire e non bisogna fermarsi all’apparenza o al primo problema. Quindi insomma un po’ di “panico inziale” c’è stato ma poi è andato tutto benissimo.»
5-cosa ti ha lasciato dentro questa esperienza?
«Di fronte a questa domanda provo a rispondere in modo sintetico.
Sicuramente mi ha lasciato tanto. Appena tornata a casa ho resettato il cervello distaccandomi un po’ da quello che avevo vissuto fino a qualche giorno prima. Avevo bisogno di metabolizzare..forse ancora non ci sono riuscita…come sempre è più quello che ho ricevuto di che quello che ho dato (secondo me). In quella settimana non ci siamo fermate mai…eravamo sempre operative e solo dopo, quando sono tornata, mi sono resa conto di tutto quello che ho fatto. Emozioni vissute al 100%.
Premetto che sono partita completamente libera da ogni pensiero...senza aspettarmi nulla. Volevo vivermi questa esperienza in tutto e per tutto...i miei “colleghi Clown” comunque ci avevano un po’ raccontato ma finché non provi non puoi saperlo. Solo vivendo questa cosa puoi capire.»
6-ci vorrai tornare? E perché?
«Sicuramente vorrei tornarci per rivivere tutto quello che ho vissuto e forse anche di più.»
7-secondo te per quale ragione soprattutto uno dovrebbe voler andare là a vivere quel che hai vissuto te?
«Mah, guarda…credo che anche se ciascuno reagisce in modo personale, individuale, e immagino ognuno abbia il proprio modo di elaborare vissuti del genere, si tratta comunque di un’esperienza che ti arricchisce molto, almeno a me è successo così.
Poi a parole o a raccontare quello che si prova non è facile.
Va vissuto, appunto.»
8-ti è servita – e in che modo – la tua esperienza da dott.ssa Flipper della Valigia dei Sorrisi?
«La Dott.ssa Flipper con questa esperienza è cresciuta...ha capito che basta poco per far sorridere e far star bene gli altri. Anche solo con dei piccoli gesti o attenzioni.
Beh in fondo lei l’ha sempre saputo ma ha cercato e ottenuto la conferma!...»
Risponde la dottoressa Sbarbina
1-cosa e/o chi ti ha spinto a voler fare questa esperienza?
«Facendo parte della Misericordia con l’associazione “La valigia dei sorrisi” come clown dottore, sono venuta a conoscenza della possibilità di partire per Betlemme. Sapendo che lì c’è bisogno di aiuto mi sono sentita pronta a partire per cercare di dare una mano e provare una nuova esperienza.»
2-qual è stato il frangente di maggior impatto emotivo una volta arrivata sul posto?
«È difficile descrivere il fattore di maggior impatto emotivo perché è stato un continuo caricamento di emozioni che si sommavano una dietro l’altra al punto di non riuscire a metabolizzare nell’immediato quello che stai vivendo.»
3-ci puoi descrivere una giornata-tipo tra quelle più operative?
«Iniziavamo la giornata all’Antoniano (centro anziani) dalle 09:00 alle 12:00.
Aiutavamo le anziane ad andare fuori nel cortile oppure le aiutavamo a camminare con il deambulatore assistendole fino all’ora di pranzo, le aiutavamo a mangiare, alcune imboccandole. Capitava anche di andare in cucina ad aiutare le suore a cucinare.
Dalle 15:30 alle 19:00 all’Hogar dai bambini. Appena arrivati giocavamo un po’ con loro, li cambiavano e li pulivamo, poi arrivata l’ora di cena ognuno di noi prendeva un bambino e lo faceva mangiare (la maggior parte di loro non mangiano da sé); terminato con un bambino ne prendevamo un altro e appena tutti avevano mangiato arrivava il momento del bagnetto e del pigiama dopo di che era l’ora del rosario insieme a tutti i bambini; finito il Rosario li mettevamo tutti a letto. Capitava anche di dare una mano nella parte di lavanderia.»
4-l'episodio che ti ha coinvolto maggiormente?
«L’episodio che mi ha colpito maggiormente è stata la prima volta che sono andata all’Hogar, come sono entrata ho visto i bambini in carrozzina che non parlavano e non interagivano! È una visione che lì per lì ti toglie il fiato…»
5-cosa ti ha lasciato dentro questa esperienza?
«Tante emozioni, positive e meno. Siamo andate per fare volontariato e sapevamo di trovare realtà difficili ma vederle con i propri occhi è stata tutt’altra cosa: ti accorgi che nella vita quotidiana ci lamentiamo di tutto senza pensare che ci sono persone con problemi più seri.»
6-ci vorrai tornare? E perché?
«Si, ci voglio tornare assolutamente e il prima possibile perché è bello aiutare le persone che ne hanno bisogno e perché egoisticamente questa esperienza mi ha lasciato un senso di pace interiore molto appagante.»
7-secondo te per quale ragione soprattutto uno dovrebbe voler andare là a vivere quel che hai vissuto te?
«Perché un’esperienza così ti arricchisce dentro e per alcuni aspetti ti apre una visione più ampia della vita.»
8-ti è servita – e in che modo – la tua esperienza da dr.ssa Sbarbina della Valigia dei Sorrisi?"
«Per alcuni versi si e per altri no.
Si perché ho già visto persone soffrire e quindi sono preparata alle situazioni difficili e so come reagire nei vari casi.
No perché il clown dottore è una figura totalmente diversa da questo tipo di volontariato.»
Concludendo
Che aggiungere di più? Ben poco, se non nulla, abbiamo pensato. Poi c’è venuto in mente questo detto, una citazione, non ricordiamo da chi. Recita più o meno in questo modo: “Si dice che il sorriso non sia l’effetto della felicità, bensì la causa.” Chissà, forse è entrambe. Ma di certo – come ha significativamente concluso la nostra dr.ssa Flipper – «…ridere – e far sorridere – è una cosa seria!»
Ultima revisione 6/7/2019
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Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
(Lc 10,34)