La Misericordia di Arezzo è ente promotore di un progetto sociale che mira all’obiettivo di un’autentica integrazione di persone richiedenti asilo.
È intitolato “Il Volontariato per la Comunità”, bando finanziato dal Cesvot, il contesto in cui si muove il progetto denominato “integrAzioni” di cui la Misericordia di Arezzo è promotrice e co-protagonista. Si tratta di un progetto multidisciplinare applicato al campo dell’integrazione di giovani richiedenti asilo.
Una breve premessa è doverosa, giusto per sintetizzare a titolo informativo lo status odierno della situazione sui migranti, che già a livello generale presenta aspetti ignoti ai più. È ormai acquisito come l’attenzione alle moltissime problematiche tipiche del fenomeno si stia evolvendo dalla fase dell’emergenza pura – gli sbarchi sulle coste, sulle isole e gli arrivi più o meno clandestini dalle frontiere terrestri – verso la fase della cosiddetta “accoglienza” e in ultimo verso quella di una auspicabile “integrazione”.
Termini e definizioni tecniche, queste ultime due, che purtroppo sono spesso rimaste poco più che scatole vuote, concetti privi di concreta efficacia: l’accoglienza ha finito per porgere il fianco ai problemi più crudi (con tanto di ripetuti fatti di cronaca anche tragici) a causa delle troppe vulnerabilità che il sistema dei “centri d’accoglienza” comportava e ha presto lasciato il passo all’alternativa che proprio qui in Toscana ha ottenuto le prime sperimentazioni e ha incontrato le maggiori possibilità di sviluppo, quella di una “accoglienza diffusa”, un modello oggi non a caso esportato a livello nazionale.
Accoglienza diffusa che sta per tutto quell’insieme di modalità di gestione concreta della presenza di queste persone nel nostro Paese attuate secondo un’ospitalità parcellizzata sul territorio anziché “confinata” in un Centro tendente giocoforza ad assumere il significato (nel migliore dei casi) di un ghetto. Perciò è accoglienza diffusa soggiornare presso una famiglia in una casa privata o in una struttura da ricettività turistica piuttosto che in un istituto, andare in una scuola a imparare l’italiano (e in generale ottemperare ai vari step previsti già a livello ministeriale), praticare sport in impianti preposti, darsi ad alcune occupazioni che possano in orario di lavoro rappresentare attività socialmente utili… ovviamente con tutte le funzioni di tutoraggio e le relative figure di coordinamento previste.
Ebbene, quest’ultima forma di accoglienza diffusa è quella che in modo più fisiologico crea le basi per un’autentica integrazione sociale di queste persone. Dunque, in mezzo a tanti luoghi comuni sulla gestione dei migranti – salvo poi non veder attuato nulla di concreto in questo senso – la Misericordia di Arezzo costruendo questo progetto ha preferito rendersi fattivamente promotrice di un partenariato con associazioni d’ispirazione cattolica quali Cesvot, Camminando s’apre cammino, La Tappa, UISP-CSI per coinvolgere in attività utili un gruppo di giovani richiedenti asilo – costituito da 8 unità – di età compresa tra i 18 e i 30 anni, solo maschi, occupandoli nello svolgimento dei propri servizi socio-sanitario-assistenziali, previa specifica formazione. Con gli altri partner del progetto i giovani rifugiati richiedenti asilo che scelgono di aderire agli impegni loro offerti si cimentano rispettivamente in: coltivazioni agricole e piante con La Tappa; sport, ossia calcio e calcetto (previsto anche un torneo), con UISP-CSI. Un progetto quindi strutturato per soddisfare in maniera integrata un profilo di alto valore educativo in cui la Misericordia di Arezzo intende ricoprire anche un ruolo di interfaccia istituzionale con le autorità e le altre istituzioni nelle questioni di pertinenza.
Due degli ideatori originari del progetto, Paolo Martinelli (che lo coordina) e Francesco Cianchi, hanno sottolineato rispettivamente come si tratti di “Un investimento che fa parte dell’identità stessa dell’associazione…” e di “Un lavoro sulla cultura della diversità…”. Il progetto ha del resto già suscitato l’interessamento di altre Misericordie, a dimostrazione che è caratterizzato da buone pratiche, orientate a un modello organizzativo esportabile e riproducibile anche altrove.
Nelle foto del servizio vari momenti della conferenza stampa di presentazione di stamani in cui i maggiori media locali si sono alternati in interviste ai protagonisti del progetto, compreso un rappresentante del gruppo dei primi otto giovani rifugiati richiedenti asilo in forza a "IntegrAzioni".
Ultima revisione 12/2/2018
Questo sito utilizza i cookie. Continuando a navigare il sito accetti i termini e le condizioni previste per l'utilizzo dei cookie.
Leggi di più Accetto
Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
(Lc 10,34)